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Pensione anticipata, addio uscita a 62 anni, spariscono Quota 103 e Opzione Donna


L'ultima bozza della legge di Bilancio 2026 segna la fine definitiva di Opzione Donna, lo strumento che permetteva alle lavoratrici di lasciare il mondo del lavoro prima del raggiungimento dell'età pensionabile ordinaria.

 Questa misura consentiva alle dipendenti e alle autonome con almeno 61 anni di età e 35 anni di contributi di accedere alla pensione in anticipo, rispettando determinati requisiti.

Dal prossimo anno, però, questa possibilità non sarà più disponibile.

La cancellazione rappresenta l'ultimo capitolo di una storia che aveva già visto un progressivo restringimento della platea delle beneficiarie: nelle ultime due leggi di bilancio, infatti, il Governo aveva introdotto vincoli sempre più stringenti, aumentando di un anno la soglia anagrafica e limitando l'accesso solo a specifiche categorie di donne. Potevano usufruirne soltanto le caregiver che assistono familiari con disabilità grave, le dipendenti o ex dipendenti di aziende in crisi e le lavoratrici con un'invalidità certificata pari o superiore al 74%.

La legge di Bilancio vedrà sparire anche Quota 103, il meccanismo che permetteva ai lavoratori di anticipare il momento del pensionamento raggiungendo 62 anni di età e 41 anni di contributi. Questa opzione prevedeva, però, una condizione specifica: l'accettazione del ricalcolo dell'assegno pensionistico interamente con il metodo contributivo, che generalmente risulta meno vantaggioso rispetto al sistema misto o retributivo.

La cancellazione delle uscite anticipate si affianca a un'altra novità contenuta nella Manovra: l'innalzamento dell'età pensionabile, determinato dalle più recenti stime sulla speranza di vita elaborate dall'Istat. Il Governo ha deciso di dilazionare in due anni l'aumento di tre mesi che, originariamente, sarebbe dovuto scattare tutto nel 2027.

Secondo il nuovo calendario, a partire dal primo gennaio 2027 l'età per accedere alla pensione di vecchiaia salirà di un mese, portandosi a 67 anni e un mese, mentre per la pensione anticipata saranno necessari 42 anni e 11 mesi di contributi (con uno sconto di un anno per le donne, quindi 41 anni e 11 mesi). Dal 2028, invece, si potrà andare in pensione di vecchiaia a 67 anni e tre mesi, mentre per quella anticipata serviranno 43 anni e un mese di contributi versati.

Questa progressione graduale rappresenta comunque un allungamento della vita lavorativa per milioni di italiani, in un contesto in cui le possibilità di lasciare prima il mondo del lavoro diventano sempre più rare e riservate a casi eccezionali. L'aumento dei requisiti anagrafici e contributivi si inserisce in un quadro previdenziale che continua a spostarsi verso un innalzamento dell'età di pensionamento, seguendo l'evoluzione demografica del Paese.