Imprese familiari
L’impresa familiare consente di attribuire una quota del reddito ai collaboratori legati da vincoli di parentela, affinità o unione civile, purché prestino l’attività lavorativa in modo continuativo e prevalente.
Ai fini fiscali, entro il 31 dicembre è essenziale formalizzare l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata per permettere la ripartizione del reddito già dall’anno successivo; ciò vale sia per l’avvio dell’impresa familiare sia per l’ingresso di nuovi collaboratori.
La quota assegnabile ai familiari non può superare il 49%, mentre al titolare spetta almeno il 51%. L’attribuzione del reddito ai collaboratori rileva come reddito da partecipazione e opera solo in presenza di utili; le perdite rimangono in capo al titolare.
L’impresa familiare costituisce una peculiare tipologia di impresa individuale, nella quale i componenti della famiglia dell’imprenditore collaborano attivamente all’esercizio dell’attività imprenditoriale.
Il riconoscimento della qualifica di collaboratore familiare è subordinato al sussistere di un legame di parentela o di affinità tra il collaboratore e il titolare dell’impresa.
Tale requisito è integrato qualora il collaboratore familiare rientri in uno sei seguenti rapporti di parentela o affinità con l’imprenditore individuale:
coniuge;
parente di primo grado, ossia padre, madre e figli;
parente di secondo grado, ossia nonni, nipoti (figli del figlio/a), fratelli e sorelle;
parente di terzo grado, ossia bisnonni e pronipoti (figli del nipote, nipote (figli del fratello o della sorella), zii (fratelli e sorelle di uno dei genitori).
La disciplina fiscale applicabile al reddito delle imprese familiari è contenuta nell’art. 5, commi 4 e 5, TUIR, secondo cui il reddito dichiarato dall’imprenditore può essere attribuito a ciascun familiare che ha contribuito in modo continuativo e prevalente al lavoro dell’impresa, in base alla sua quota di partecipazione agli utili.
La quota complessiva degli utili assegnata ai collaboratori familiari (o conviventi) non può superare il 49% del reddito dell’impresa. Al titolare dell’impresa familiare deve essere quindi attribuito almeno il 51% del reddito d’impresa realizzato.
La quota di reddito assegnata al titolare dell’impresa familiare è produttiva di reddito d’impresa, mentre quella attribuita ai collaboratori familiari (o conviventi) è tassata come reddito da partecipazione, indipendentemente dall’effettiva percezione (principio di trasparenza).
La partecipazione al reddito d’impresa da parte del familiare (o del convivente) è valida solo in presenza di utili. Qualora sia registrata una perdita, infatti, la stessa è riconosciuta fiscalmente, per intero, nei confronti del solo titolare dell’impresa, che potrà compensarla con i redditi di altre categorie che concorrono, nel medesimo periodo d’imposta, a formare il proprio reddito complessivo.
Affinché il reddito dell’impresa familiare sia attribuito ai collaboratori familiari, proporzionalmente alla loro quota di partecipazione agli utili, è necessario che:
i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo d’imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti;
la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore rechi l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa in modo continuativo e prevalente, nel periodo d’imposta;
ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività lavorativa nell’impresa in modo continuativo e prevalente.
Nelle imprese familiari gli effetti fiscali connessi con l’attribuzione di una parte del reddito ai collaboratori, si producono con decorrenze differenziate a seconda che si tratti di:
un’impresa avviata ex novo sotto forma di impresa familiare;
un’impresa già esistente, per la quale sia enunciata la conduzione nella forma di impresa familiare;
ingresso nell’impresa familiare di un nuovo collaboratore.
Qualora l’impresa sia avviata ex novo sotto forma di impresa familiare, gli effetti fiscali decorrono dallo stesso periodo d’imposta, a condizione che l’atto di enunciazione dell’impresa familiare sia registrato presso un ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
In presenza, invece, di una ditta individuale già esistente che si trasforma in una impresa familiare, gli effetti fiscali si producono dal periodo d’imposta successivo alla data del relativo atto costitutivo. Di conseguenza, al fine di attribuire ai collaboratori il reddito dall’anno 2026 (modello Redditi 2027), l’atto pubblico o la scrittura privata deve essere stipulato entro il prossimo 31 dicembre 2025. In caso contrario, ossia se l’atto è stipulato successivamente a tale data, ad esempio nei primi giorni del mese di gennaio 2026, l’effetto fiscale di ripartizione del reddito ai collaboratori si produrrà solo a partire dal 2027 (modello Redditi 2028).
Inoltre, qualora in una impresa familiare già esistente entri un nuovo collaboratore, la quota del reddito d’impresa allo stesso spettante gli può essere attribuita solo a partire dall’anno successivo a quello di modifica dell’atto. Di conseguenza, per garantire la ripartizione del reddito d’impresa anche al nuovo collaboratore dal 2026 (modello Redditi 2027), la modifica dell’atto deve intervenire entro il 31 dicembre 2025.
Infine, nell’ipotesi in cui il collaboratore cessi in corso d’anno l’attività nell’ambito dell’impresa familiare allo stesso è attribuita una quota di reddito proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato durante il medesimo anno. I requisiti di continuità e prevalenza dell’attività svolta devono essere verificati con riferimento al periodo antecedente la cessazione.
In base alla disciplina civilistica, al collaboratore che esce dall’impresa familiare spetta una quota degli incrementi patrimoniali (“plusvalenze latenti”), compreso l’avviamento riferibile all’attività svolta dallo stesso nonché la quota di utili residui non ancora distribuiti. Tali somme, tuttavia, non hanno rilevanza fiscale e, pertanto, non sono soggette a tassazione.
In conclusione, teniamo a evidenziare che la modifica dei componenti dell’impresa familiare non costituisce una causa di esclusione o di cessazione del Concordato




