La cessione di un terreno a un valore inferiore a quello indicato dalla perizia di rivalutazione
In materia di cessione di terreni, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito, con la circolare n. 15/E/2002, che, se il valore indicato nell’atto di vendita è inferiore a quello rivalutato, per il calcolo delle plusvalenze si deve fare riferimento al costo o al valore di acquisto originario, escludendo gli effetti della rivalutazione. Successivamente, le circolari n. 1/E/2013 e la risoluzione n. 53/E/2015 hanno precisato che in casi di discrepanza minima o di menzione della rivalutazione nell’atto è possibile considerare il valore rivalutato.
Tuttavia, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con le sentenze nn. 2321/2020 e 2322/2020, hanno stabilito che l’indicazione di un prezzo inferiore a quello periziato non comporta la perdita del beneficio dell’imposta sostitutiva già versata. Secondo i giudici, una volta effettuata la rivalutazione legittima, la vendita a un prezzo inferiore non determina una plusvalenza imponibile calcolata sul valore storico. Il valore di perizia rappresenta quindi il riferimento minimo per le imposte sui redditi e per le imposte di registro, ipotecarie e catastali, mentre l’Amministrazione finanziaria può comunque verificare possibili occultamenti della base imponibile e rettificare le imposte se necessario.
In sintesi, il cedente non può recuperare minusvalenze se vende al di sotto del valore di perizia senza accertamenti dell’Agenzia. Se il valore accertato coincide con la perizia, non vi è plusvalenza, mentre un valore superiore accertato genera una plusvalenza calcolata sul valore periziato, non sul costo di acquisto. Queste indicazioni sono state confermate dalla circolare n. 1/E/2021.




