Dermatite nodulare bovina: sale la preoccupazione degli allevatori piemontesi

Confagricoltura raccoglie l’allarme delle aziende zootecniche dopo la comparsa di focolai in Lombardia e Francia
La dermatite nodulare contagiosa (Lumpy Skin Disease), come si legge nelle note informative del Servizio veterinario della Regione Piemonte, è una malattia virale altamente contagiosa, che colpisce esclusivamente i bovini. Non è trasmissibile all’uomo, né tramite contatto diretto né attraverso il consumo di carne o latte, ma rappresenta una grave minaccia per la zootecnia a causa dell’elevata morbilità e dei rilevanti impatti economici.
In altre parole, negli animali provoca febbre, salivazione aumentata, lacrimazione, scolo nasale, tipiche lesioni cutanee di forma nodulare presenti su tutto il corpo, soprattutto su testa e collo, ed è causa di pesanti perdite economiche in quanto i capi infetti manifestano una riduzione della produzione di latte, aborti e disturbi della fertilità. La trasmissione tra animali avviene attraverso insetti quali, per esempio, mosche, zanzare e zecche, ma non è escluso il contagio diretto o attraverso mezzi e strumenti contaminati.
“I casi di infezione che si sono manifestati negli ultimi giorni in Sardegna, Lombardia e Savoia Francese hanno fatto salire il livello di apprensione dei nostri allevatori e, facendomi interprete di questo stato d’animo, chiedo agli Assessori regionali alla sanità, Federico Riboldi e all’agricoltura, Paolo Bongioanni, di adottare tutte le misure più idonee per impedire l’ingresso della malattia negli allevamenti della nostra Regione ed evitare così abbattimenti, restrizioni alle movimentazioni, campagne di vaccinazione, che si tradurrebbero in danni rilevanti per il comparto zootecnico”. Così si è espresso Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, dopo che, a seguito della conferma di positività dell’allevamento lombardo, sono state disposte, in quell’area, le zone di restrizione caratterizzate da blocchi della movimentazione dei bovini per fiere e mercati, limiti al conferimento del letame e dei liquami e vincoli al trasporto del latte.
Tornando al Piemonte, dove si contano più di 9.300 allevamenti da carne, 1.468 da latte e circa 700 misti, per un totale di 751.000 capi bovini, i Servizi veterinari, proprio per ridurre il rischio di infezione, raccomandano agli allevatori, ai medici veterinari aziendali e ai tecnici di prestare la massima attenzione alla sorveglianza passiva e all’adozione di misure preventive, quali l’applicazione di insetticidi e repellenti autorizzati sui capi, la sanificazione periodica delle strutture di stabulazione, l’installazione di sistemi fisici di protezione (zanzariere, tende anti-insetto), la disinfezione sistematica di mezzi, attrezzature e indumenti, l’accesso alle strutture zootecniche limitato al personale autorizzato e l’isolamento di eventuali soggetti sintomatici o provenienti da aree a rischio.
Allasia conclude sottolineando che occorre tenere alta la soglia di attenzione poiché si tratta di una malattia quasi sconosciuta in Europa ed è quindi quanto mai opportuno tenersi pronti all’eventualità, non certamente auspicabile, che la situazione possa sfuggire al controllo e dovesse rendersi necessaria un’azione diffusa di immunizzazione con la vaccinazione.