Il nuovo requisito contributivo per l’accesso alla NASPI
La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una nuova condizione per poter accedere alla prestazione NASp
È previsto, in particolare, che se il lavoratore ha interrotto volontariamente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei dodici mesi precedenti alla perdita involontaria del lavoro per cui è richiesta la NASpI, il diritto all’indennità è riconosciuto a condizione che il nuovo rapporto di lavoro, successivo alla cessazione volontaria, sia durato almeno tredici settimane.
Con Circolare n. 98 del 5 giugno 2025, l’INPS ha reso gli attesi chiarimenti sulla normativa, applicabile agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2025.
Nella circolare in esame, l’Istituto previdenziale ha innanzitutto precisato che per evento di disoccupazione si intende l’evento di cessazione dal rapporto di lavoro che ha comportato lo stato di disoccupazione. In particolare, la circolare prevede che, per gli eventi di cessazione involontaria intervenuti dal 1° gennaio 2025, il richiedente la prestazione debba far valere almeno tredici settimane di contribuzione dall’ultimo evento di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato interrotto per dimissioni o risoluzione consensuale, qualora tale cessazione volontaria sia avvenuta nei dodici mesi precedenti la cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede la prestazione NASpI.
Per espressa previsione legislativa, tuttavia, dalle ipotesi di cessazione volontaria sono escluse le dimissioni per giusta causa, le dimissioni intervenute nel periodo tutelato della maternità e della paternità, nonché le ipotesi di risoluzione consensuale intervenute nell’ambito della procedura di conciliazione di cui all’art. 7, Legge n. 604/1966 che, ai sensi dell’art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 22/2015, consentono in ogni caso l’accesso alla prestazione NASpI.
Pur se non espressamente previsto dalla norma, l’INPS riconduce tra le ipotesi di dimissioni per giusta causa anche quella relativa alle dimissioni a seguito del trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda, a condizione che il trasferimento non sia giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive e ciò indipendentemente dalla distanza tra la residenza del lavoratore e la nuova sede di lavoro.
Tra le fattispecie di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è altresì fatta salva l’ipotesi della risoluzione consensuale intervenuta a seguito del rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre cinquanta chilometri dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in ottanta minuti od oltre con i mezzi di trasporto pubblici.
Tali ipotesi, ancorché non espressamente previste dall’art. 3, comma 1, let. c-bis), D.Lgs. n. 22/2015, devono ritenersi escluse dalle ipotesi di cessazione per dimissioni e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro a tempo indeterminato che richiedono il nuovo requisito delle tredici settimane di contribuzione.
In ogni caso, mentre la cessazione volontaria per dimissioni o risoluzione consensuale deve riferirsi a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la successiva cessazione involontaria per cui si richiede la prestazione NASpI può riguardare sia un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che un rapporto di lavoro a tempo determinato.
Con riguardo al requisito di almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione nell’arco temporale che va dalla data di cessazione volontaria dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data di cessazione involontaria dal rapporto di lavoro per cui si richiede la NASpI, l’Istituto precisa che, al fine del diritto alla prestazione, sono da considerarsi utili tutte le settimane retribuite, se rispettato il minimale settimanale, nonché quelle utili ai fini del perfezionamento del requisito contributivo.
In particolare, si considerano utili:
- i contributi previdenziali, comprensivi della quota NASpI, versati durante il rapporto di lavoro subordinato;
- i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria se all’inizio dell’astensione risulta già versata o dovuta contribuzione e i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;
- i periodi di lavoro all’estero in Paesi comunitari o convenzionati ove sia prevista la possibilità di totalizzazione;
- i periodi di astensione dal lavoro per malattia dei figli fino a otto anni di età nel limite di cinque giorni lavorativi nell’anno solare.
Inoltre, se nel periodo di osservazione che va dalla data di cessazione volontaria del rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data di cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede la prestazione, sono presenti anche settimane di contribuzione nel settore agricolo, le stesse sono cumulabili e quindi utili ai fini del perfezionamento del requisito delle tredici settimane di contribuzione, fermi restando i parametri di equivalenza, che prevedono sei contributi giornalieri agricoli per il riconoscimento di una settimana contributiva.
Resta comunque ferma la disciplina generale sulla verifica della prevalenza, nel caso in cui il lavoratore abbia alternato periodi di lavoro nel settore agricolo e periodi di lavoro in settori non agricoli.
Da ultimo, l’INPS precisa che la novità introdotta dalla “Legge di bilancio 2025” si riferisce esclusivamente al nuovo requisito delle tredici settimane di contribuzione e, pertanto, nulla cambia con riferimento alla determinazione della misura e della durata della prestazione NASpI, il cui calcolo continua a dover essere effettuato secondo le disposizioni di cui agli artt. 4 e 5, DLgs. n. 22/2015.